Bio of Alessandro Boscolo Agostini
Bilingual English/Italiano
My first love for photography started with a little theft: as a little boy I stole my father’s Vöiglander and I started taking pictures on my own, just using my instinct. At that time my father’s camera seemed to me the best camera possible in the whole world, until I reached junior high school and I gave it up for a Bencini all my own. But my little theft came all back to me; my girlfriend to whom I had lent my camera never gave it back to me: that can be considered petty theft, no?
Growing up, I robbed again: in high school I stole time I might have devoted to photography and dedicated myself to my other passion, music. I studied drums and played jazz music. But it was just an infatuation, because I went back to my first love and never left it again. And as a pledge of love, I gave up my history studies in college, causing great distress to many people, but not to myself.
Today, I rob with no qualms, and I confess it with no shame. My spoils are my sensations, emotions, lines, colours, compositions: I catch everything that stops in front of my camera, I catch it with a click to close it in a graphic cage. It doesn’t matter if its a catalogue or a magazine. What I’m really interested in is the look, my view of the world. In the millions of images that pass in front of my eyes every day, that go on around me, that chase me in my silence. For this reason I photograph subjects of any kind and still do it every day without specializing in anything in particular. From a luxury hotel suite, to the sexy transparencies of Murano glass. From art exhibitions to a ballet. From a golf course to actors on a stage. The list can go on and on, while this bio must finish here. I hope that I haven’t once more been a thief, that I haven’t taken up to much of your time. If this was the case, please don’t report me to the police, because I will give myself immediately up: I’m Alessandro Boscolo Agostini!
Il mio amore per la fotografia ha inizio con un furto: da piccolo rubai la Vöiglander di mio padre e cominciai a scattare così, d’istinto. All’epoca quella mi sembrava la macchina fotografica più bella del mondo, almeno fino a quando, in prima media, non la tradii per una Bencini tutta mia. Ma il contrappasso per il piccolo delinquente che ero arrivò molto presto, perché una fidanzatina a cui la prestai, non me la restituì mai: di fatto, anche quello fu un piccolo furto! Crescendo, ho rubato ancora: ai tempi del Liceo ho sottratto tempo alla passione per la fotografia dedicandomi per alcuni anni al jazz e allo studio della batteria, altro mio grande amore. Ma è stata solo una gran bella bionda di passaggio, perché alla fine sono tornato dalla mia “vecchia” per non lasciarla più. Anzi, come pegno d’amore, per lei ho mandato a quel paese gli studi storici con sommo dolore di parecchie persone, ma non certo il mio. Oggi, lo confesso, rubo senza più sensi di colpa. Il mio bottino sono sensazioni, emozioni, linee, colori, composizioni: ciò che si ferma davanti al mio obiettivo lo faccio mio, lo catturo con un click, magari per rinchiuderlo in una gabbia grafica. Non importa se è la gabbia di un catalogo oppure quella di una rivista. A me interessa lo sguardo, il mio sguardo sul mondo. Sui miliardi di immagini che ogni giorno attraversano la mia vita, le scorrono intorno, mi seguono in silenzio. Per questo ho fotografato di tutto e continuo a farlo, senza scegliere di dedicarmi a un settore soltanto. Perché tutto può essere immagine, una buona immagine. Da una suite di un hotel di lusso, alle trasparenze seducenti di un vetro di Murano. Da una mostra d’arte a uno spettacolo di danza. Da un campo da golf, agli attori su un set di un film. L’elenco potrebbe continuare, mentre questo scritto si chiude qui. Spero di non aver compiuto l’ultimo furto di questa storia, ossia di avervi rubato troppo tempo. Se fosse così, non denunciatemi, perché mi costituisco subito: sono Alessandro Boscolo Agostini!
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